Tra le tante esperienze che i bambini vivono al nido, può capitare che si verifichino episodi di morso. Per quanto possano suscitare preoccupazione o dispiacere negli adulti, questi episodi rappresentano una fase possibile e significativa dello sviluppo infantile. Il morso non è un atto “cattivo” o “aggressivo” nel senso adulto del termine, ma un messaggio da decifrare, una forma di comunicazione che emerge quando altre modalità — come il linguaggio o il controllo emotivo — sono ancora in costruzione.
Il significato del morso nel bambino piccolo
Nei primi anni di vita, il bambino esplora il mondo attraverso il corpo: tocca, annusa, assaggia, morde. La bocca è uno dei primi strumenti di conoscenza e relazione.
Il morso può quindi esprimere molteplici bisogni o emozioni:
- curiosità ed esplorazione (“voglio sentire che effetto fa”);
- desiderio di contatto (“voglio essere vicino a te”);
- bisogno di attenzione (“guardami!”);
- frustrazione o rabbia (“non riesco a dire come mi sento”);
- imitazione (“vedo che funziona per ottenere qualcosa”).
Quando il linguaggio verbale è ancora limitato, il morso diventa un modo immediato e potente per comunicare. L’adulto, con uno sguardo attento e non giudicante, può aiutare il bambino a trasformare il gesto in parola, a dare senso a ciò che prova.
Il ruolo dell’educatore: tra contenimento e significato
Quando un morso avviene, l’educatore si trova in una posizione delicata. È necessario agire prontamente per proteggere e rassicurare entrambi i bambini, ma anche leggere il gesto per comprenderne il messaggio profondo. L’intervento educativo non si limita a “bloccare il comportamento”, ma mira a:
- riconoscere l’emozione che ha spinto il bambino a mordere (“sei arrabbiato perché volevi quel gioco”);
- offrire alternative comunicative (“possiamo chiedere il gioco con la voce”);
- sostenere l’empatia, aiutando il bambino a percepire le conseguenze del suo gesto (“guarda, il tuo amico piange, gli hai fatto male”).
Parallelamente, l’educatore si prende cura del bambino morso, accogliendo il suo dolore, nominando l’accaduto e ripristinando un clima di sicurezza: “Ti sei spaventato, ti fa male, ci sono io con te.”
Questo doppio sguardo – verso chi morde e verso chi viene morso – è fondamentale per mantenere un clima di fiducia, rispetto e crescita per entrambi.
Il bambino che ha morso: da “colpevole” a protagonista di un percorso di crescita
Il bambino che morde non va etichettato né isolato. Spesso è un bambino che sta imparando a gestire emozioni forti, o che vive una fase di intensa esplorazione relazionale.
Attraverso l’osservazione e la continuità educativa, l’adulto può aiutarlo a:
- riconoscere il proprio gesto e le emozioni che lo hanno generato;
- imparare strategie più adeguate per esprimersi;
- sentirsi comunque accolto e amato, anche se “ha sbagliato”.
Solo in un clima affettivo e coerente il bambino potrà interiorizzare nuove regole e competenze relazionali.
Il bambino che è stato morso: accoglienza e rassicurazione
Il bambino che subisce un morso vive un’esperienza dolorosa e talvolta spaventosa. Ha bisogno di essere consolato, contenuto e rassicurato. L’adulto accompagna l’evento con parole semplici ma chiare: “Ti ha morso, ti ha fatto male. Adesso ci prendiamo cura di te.” È importante non alimentare la paura o il rancore, ma aiutare il bambino a ritrovare fiducia nella relazione e nel gruppo. Attraverso l’esperienza mediata dall’adulto, il bambino impara che è possibile farsi rispettare, che le regole proteggono e che le emozioni si possono raccontare, non agire.
Il ruolo delle famiglie: alleanza e fiducia
Quando un episodio di morso viene comunicato a casa, può emergere dispiacere, preoccupazione o senso di colpa — sia nel genitore del bambino che ha morso, sia in quello del bambino morso. Per questo, è essenziale una comunicazione trasparente, rispettosa e non colpevolizzante. Famiglia ed educatori condividono l’obiettivo di accompagnare i bambini nella crescita, con uno sguardo educativo comune: comprendere, non giudicare. Il messaggio da trasmettere è che il morso non definisce il bambino, ma rappresenta un passaggio del suo sviluppo, che con il tempo e il supporto degli adulti tenderà a scomparire.
In conclusione: il morso come linguaggio da tradurre
Il morso, come ogni comportamento del bambino, ci parla. Dietro ogni gesto c’è un bisogno, un’emozione, un tentativo di entrare in relazione. Il compito dell’adulto – educatore e genitore – è ascoltare senza giudicare, tradurre senza punire, sostenere senza semplificare. Accogliere il morso come parte del processo evolutivo significa dare dignità all’intera esperienza del bambino: alla sua crescita emotiva, alle sue scoperte e ai suoi limiti. E significa anche rafforzare quella rete educativa tra scuola e famiglia che, insieme, insegna ai bambini a diventare capaci di sentire, riconoscere e rispettare sé stessi e gli altri.